TECNICA DI CACCIA

La vecchia cartuccia da caccia di cartone


Quando ero ragazzino, durante il periodo estivo mi divertivo ad aiutare mio padre nella ricarica delle cartucce artigianali, con quelle poche attrezzature che erano disponibili all’epoca, intorno alla metà degli anni ’60.

Un modo di dire frequente era: la selvaggina c’è, mancano le cartucce.

Adiacente alla nostra casa di campagna, in una stanza tipo cantina adibita a ripostiglio per tutti i prodotti occorrenti alla caccia, si vedeva di tutto: stivali, scarponi, custodie per i piccioni, racchette, fili, attrezzature varie, da una parte un vecchio banco di legno da lavoro e due sedie sotto la luce fioca di una polverosa lampadina trasparente. Quello era il nostro eremo. 

Sopra al tavolo mi ricordo benissimo una bilancina di precisione che serviva per dosare sia la polvere che il piombo, due vecchie tazze per contenere i materiali, un togli e metti fulminanti, alcuni calconi e un orlatore manuale per chiusura tonda, tutto qua! 

Poi sotto al tavolo alcuni scatoloni con bossoli colorati di varie altezze, rigorosamente in cartone e recuperati sui campi di tiro, borre in feltro, borrini e stampini di tutte le altezze, fulminanti deboli per le cartuccine e potenti per i cartuccioni, piombo marca Piccione di due diametri per tordi e uccelletti 9-10, per tutto il restante piombo del 5 e dischetto a chiusura finale. 

Principalmente con due-tre tipi di polvere si coprivano tutte le tipologie di cartucce: 34 grammi con una polvere medio buona e 36 con una polvere di qualità. Il mio compito era quello di inserire sopra la polvere borra e borrino e poi calcare bene, mio padre invece si occupava di tutto il restante inserimento fulminante, polvere e piombo, dischetto colorato o trasparente fino alla chiusura finale. 

Quando ero ragazzino, durante il periodo estivo mi divertivo ad aiutare mio padre nella ricarica delle cartucce artigianali, con quelle poche attrezzature che erano disponibili all’epoca, intorno alla metà degli anni ’60. 

Un modo di dire frequente era: la selvaggina c’è, mancano le cartucce. 

Adiacente alla nostra casa di campagna, in una stanza tipo cantina adibita a ripostiglio per tutti i prodotti occorrenti alla caccia, si vedeva di tutto: stivali, scarponi, custodie per i piccioni, racchette, fili, attrezzature varie, da una parte un vecchio banco di legno da lavoro e due sedie sotto la luce fioca di una polverosa lampadina trasparente. Quello era il nostro eremo. Sopra al tavolo mi ricordo benissimo una bilancina di precisione che serviva per dosare sia la polvere che il piombo, due vecchie tazze per contenere i materiali, un togli e metti fulminanti, alcuni calconi e un orlatore manuale per chiusura tonda, tutto qua! Poi sotto al tavolo alcuni scatoloni con bossoli colorati di varie altezze, rigorosamente in cartone e recuperati sui campi di tiro, borre in feltro, borrini e stampini di tutte le altezze, fulminanti deboli per le cartuccine e potenti per i cartuccioni, piombo marca Piccione di due diametri per tordi e uccelletti 9-10, per tutto il restante piombo del 5 e dischetto a chiusura finale. Principalmente con due-tre tipi di polvere si coprivano tutte le tipologie di cartucce: 34 grammi con una polvere medio buona e 36 con una polvere di qualità. Il mio compito era quello di inserire sopra la polvere borra e borrino e poi calcare bene, mio padre invece si occupava di tutto il restante inserimento fulminante, polvere e piombo, dischetto colorato o trasparente fino alla chiusura finale. 

Alcuni nostri amici cacciatori adottavano anche un caricamento particolare detto “mescolone”, un super cartuccione in cartone tipo 5 con al suo interno un mix di polveri ripartito in tre dosi uguali, la DN- Sidna - M.B., con risultati però deludenti; erano semplicemente cartucce simili alle altre dosi storiche e non realmente potenti come ipotizzato quarant’anni fa. 

Certo oggi ormai questo tipo di ricarica e questi strani “mescoloni” restano solo commenti alle armerie o al bar, ma per quei tempi si ottenevano ugualmente buone cartucce e buoni risultati. 

Con l’avvento dei bossoli in plastica e dei relativi contenitori, dei piombi temperati e delle chiusure stellari, sono stati risolti moltissimi problemi che davano le cartucce in cartone dell’epoca, prima di tutto il blocco del passaggio dell’umidità, l’appiattimento del piombo a contatto della canna, la perdita dei gas che oggi non si rischia più con le perfette chiusure stellari e le nuove e veloci polveri moderne. 

A questo punto si può lanciare un nuovo slogan: le cartucce ora ci sono e tante, ma manca la selvaggina! 

E allora bye bye vecchio bossolo in cartone, di te resta solo un favoloso ricordo: l’odore unico che lasciavi nell’aria dopo lo sparo. 

Marco Dolci

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